La sinistra italiota e l'Unità d'Italia: è proprio cambiato il mondo!!!



E' proprio cambiato il mondo! Se vent'anni fa una trasmissione come il Festival di Sanremo avesse mandato in onda la performance di Roberto Benigni, la cavalcata risorgimentale sul palcoscenico del teatro Ariston e lo sventolio del sacro (per noi di destra nda) sventolio del tricolore, sull'unità d'Italia con gli annessi sull'Impero romano, su Cicerone, su Cesare, i fasci siciliani, Balilla, l'arte italiana nel mondo, tutti avrebbero gridato allo scandalo "fascista". Scambiandolo per un assalto alla baionetta.

Sicuramente ci sarebbe stato qualche zelante pubblico ministero che avrebbe pensato bene di fare carriera su questo, così come oggi su Berlusconi; e che avrebbe quindi riscontrato un indizio di reato per apologia di fascismo e concussione (Benigni è stato sicuramente concusso, altrimenti non avrebbe potuto dire questo).

"Il Fatto quotidiano" (di coca?), quell'house organ delle procure che è il giornale di Padellaro&Travaglio, avrebbe pubblicato tutte le intercettazioni, con l'intervista e l'articolessa annessa a qualche intellettuale, prendendosi sul serio tra fascicoli dei Pm e pettegolezzi sotto le lenzuole.

Questo per dire quanto l'Italia sia completamente trasformata rispetto alla dittatura culturale di una sinistra comunista che dettava legge nel passato parificando patriottismo a fascismo, Risorgimento a nazionalismo, storia a retorica.

Roberto Benigni (aspetto ancora un suo film sui Gulag) da intelligente e spettinato mestierante toscano ha fiutato bene l'aria e ha dettato, sopratutto a sinistra, le nuove parole d'ordine che serviranno, forse, alle vedove di baffone a elaborare il lutto della perdita di ogni ideologia internazionalista.

I centocinquant'anni anni dell'unità d'Italia, con le loro celebrazioni e festeggiamenti, stanno dando dunque ragione a coloro che nel passato, in forte antagonismo col marxismo, sostenevano che l'unica sinistra possibile era, ed ancora è, una sinistra nazionale che, in qualche modo, resusciti il concetto di socialismo nazionale già craxiano, ma prima ancora mussoliniano.
Con il rischio, per i sinistri, di mettere in soffitta i labari comunali immedagliati, i fazzoletti rossi al collo dei figli dei figli dei figli dei reduci, i discorsi ampollosi su Valori e Principi. Insomma la fiaba della Resistenza.


Opportunismo politico. Perchè il pretesto è certo dato da un certo leghismo di colore, da macchietta, che viene agitato a mo' di spauracchio dalla stampa sedicente progressista, ma nella sostanza il recupero della tradizione nazionale segna la vittoria delle tesi che da sempre affondano nel patriottismo risorgimentale, nel nazionalismo e nell'irredentismo dell'altro secolo.

Tutti temi che hanno fatto storcere il naso a "II Manifesto" (più copie che lettori, come per la direttora Concita De Gregorio) che, ultimo dei mohicani comunisti, ha capito che un'operazione di questo genere alla fine rinsalderà lo spirito nazionale di una nazione che forse, nel vero senso della parola, non lo ha mai avuto, ma consegnerà alla destra un vantaggio culturale (quello delle urne è cosa risaputa) non più colmabile.

Mancava "Tripoli, bel suol d'amore.."

Io rimedio subito. E gongolo alle vostre spalle sinistri...


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